Certo sembra un paradosso, ma la verità è che il fallimento, al contrario dell’abitudine al successo, nel medio termine può risultare un’arma potente per molti.

Il presupposto alla base è innanzitutto quello secondo cui il successo non è frutto del mero talento, ma la combinazione di aspetti mentali quali la costanza e la perseveranza, che chiaramente se associati ad un talento di base conducono ai gradini più elevati del podio; il solo talento però non è mai sufficiente quando “il gioco si fa duro” e lo sanno bene quegli atleti che abituati a vincere e ad avere successo si sono ritrovati ad essere superati dai “meno talentuosi” ma ben più grintosi.

Perché accade?

Perché questa seconda tipologia di atleti si è abituata a gestire e a reagire al fallimento, all’insuccesso e alle difficoltà fortificando il proprio carattere ed aumentando così le loro chance di riuscita nel medio/lungo termine.

È comunque importante sottolineare che si tratta di una generalizzazione, in quanto atleti abituati a vincere, che però spiegano a loro stessi, la loro vittoria come frutto del loro impegno e non di una dote naturale, saranno comunque propensi a non mollare di fronte alle difficoltà.

Vediamo brevemente alcuni dei benefici del fallimento:

Il lato positivo delle sconfitte è che esse permettono di fermarsi a fare una valutazione delle proprie risorse, dei propri punti di forza e, al contempo, delle criticità emerse; detto in altri termini, le sconfitte servono per mettersi in discussione e migliorare.

Mi capita di lavorare con atleti che in allenamento non osano e non sperimentano i possibili errori; credo che questo atteggiamento non sia funzionale alla prestazione, in quanto è proprio in allenamento che possiamo concederci di apprendere!

La nostra personalità si forma e modifica in funzione delle nostre esperienze.

A tal proposito voglio parlarvi dei cosidetti  “genitori spazzaneve”, una specifica categoria di genitori la cui caratteristica è quella di spianare la strada ai propri figli, evitandogli esperienze spiacevoli e piccole frustrazioni. Sebbene mossi da amore questi genitori non fanno il bene dei propri figli in quanto stanno indebolendo il loro carattere, rendendoli maggiormente fragili ed incapaci di affrontare le sfide della vita. Detto in altri termini, sperimentare emozioni anche negative, ha una funzione ben specifica e serve!

Lo sport è una sfida costante e avere il giusto atteggiamento per affrontarlo è una risorsa chiave! Se sperimento piccole dosi di frustrazione con il tempo imparo a gestirla, se non la conosco appena la incontro mi distrugge. Non incontrarla mai? Impossibile.

Famoso è il detto “sbagliando si impara!” ed in effetti così dovrebbe essere.

Tuttavia, spesso siamo portati a reiterare gli stessi errori e questo non va affatto bene. Possiamo affermare che sbagliando si impara solo se c’è, innanzitutto consapevolezza dell’errore e in secondo luogo dei bisogni latenti che ci portano a reiterare quel comportamento che chiamiamo errore.

Vi invito a tal proposito a dare un occhio all’articolo “Dagli errori si impara nella vita e nello sport”. Ma è sempre così?” che trovate sul mio blog dedicato alla psicologia dello sport e al mental coaching, che in modo più approfondito affronta il tema dell’errore e della sua contestualizzazione all’interno di una prestazione sportiva rilevante per l’atleta.

Un errore, un periodo di crisi, un infortunio inevitabilmente rappresentano un momento caratterizzato da una maggior propensione da parte del soggetto a riflettere.

Su cosa?

Motivazione, obiettivi, contesto di riferimento (squadra, allenatore, preparatore, compagni …); inevitabilmente sono questi i momenti in cui capita di mettere in discussione alcuni aspetti, facendo degli importanti scatti di consapevolezza.

Conseguenza diretta di una maggior capacità di riflessione è quella di apprendere a vedere le cose da un punto di vista differente.

E’ quanto mi è stato detto recentemente da un giovane ragazzo che gioca a calcio e che attualmente è fermo per un crociato rotto: “se non ci fosse stato questo infortunio non avrei capito tutte queste cose …” ed è proprio così.

Lo stop forzato l’ha fatto uscire dal “frullatore” e gli ha fatto osservare il contesto da una prospettiva esterna, portando alla luce numerosi spunti di consapevolezza che prima non aveva. Sicuramente in campo tornerà un giocatore più maturo, più motivato, con obiettivi più chiari e tutto questo non potrà che giovare alla squadra.

“Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, e altre diciassette volte a meno di dieci secondi alla fine, ma nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Trentasei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto.”

Michael Jordan