da Veronica C. Bertarini | Set 12, 2019 | SETTORE GIOVANILE
Lo sport è una sana abitudine che dovrebbe far parte della vita di noi adulti e a maggior ragione dei più piccoli, ma scegliere quale disciplina sportiva far praticare ai nostri figli spesso si rivela più difficile del previsto.
Sebbene ci siano bambini, che da piccoli hanno già le idee chiare, altri brancolano nel buio ed in questo caso un aiuto da parte di mamma e papà si rivela necessario.
Quali fattori considerare nella scelta?
PERSONALITA’
Ogni sport ha i propri benefici, sia a livello di sviluppo fisico, che per le skills mentali che aiuta ad accrescere e per questo il primissimo consiglio è quello di scegliere uno sport tenendo conto delle caratteristiche di personalità del vostro bambino.
Ad esempio un bambino timido ed introverso potrebbe trarre beneficio dal praticare uno sport di squadra; anche se inizialmente potrebbe essere un po’ più difficile prendere il via, un giusto contesto lo aiuterebbe nel medio termine a sviluppare attraverso il gioco le sue capacità relazionali e comunicative. Attenzione ad un contesto troppo “agonistico” che rischierebbe di mettere il vostro bambino in disparte, facilitando la prevaricazione da parte dei più estroversi.
Un bambino iperattivo potrebbe invece trovare beneficio nel praticare uno sport che insegna autodisciplina e gestione del proprio corpo.
Insomma, la personalità conta!
ETA’
Un altro fattore da tenere in considerazione è l’età. In linea generale possiamo affermare che fino agli 8/9 anni lasciare i bimbi liberi di sperimentare diverse discipline sportive si rivela un valido strumento per aiutarli a comprendere le loro inclinazioni e scegliere poi in autonomia lo sport a cui dedicarsi. Ovviamente dobbiamo tenere in considerazione che non tutti gli sport sono adatti a qualsiasi età!
Intorno ai 5/6 anni sono privilegiati gli sport che permettono uno sviluppo fisico armonico e che aiutano il bambino a conoscere il proprio corpo, mentre gli sport di squadra possono essere maggiormente apprezzati da bambini che hanno superato il primo triennio delle scuole elementari.
Girovagando su internet troverete innumerevoli articoli guida che elencano in modo preciso i benefici di ogni singolo sport e a quale età è possibile incominciarlo.
ORGANIZZAZIONE FAMIGLIARE
Sebbene non strettamente correlato allo sport un altro fattore da tenere in considerazione è l’organizzazione famigliare. Siate sicuri di scegliere insieme al vostro bambino uno sport che riesce a seguire e praticare con costanza.
Immagine tratta dal web
Lo sport: una forma mentis per la vita
I benefici della pratica sportiva sono innumerevoli e per questo è importante che lo sport diventi una sana abitudine, una forma mentisda portarsi in età adulta; tuttavia è altrettanto importante non obbligare i propri figliperché il rischio è quello di un effetto boomerang. Se vostro figlio non va volentieri alle lezioni di nuoto, forse non è lo sport adatto a lui, oppure è la piscina che frequenta a non piacergli, o l’insegnante, o i compagni … per cui è davvero importante analizzare con lui le diverse variabili e capire cosa “non funziona”.
Lo sport può davvero essere un fattore educativo rilevante nella vita dei vostri figli, in quanto praticare una disciplina sportiva significa imparare a:
- rispettare le regole
- gestire le proprie emozioni
- gestire il fallimento
- fare sacrifici
- porsi degli obiettivi
- rispettare i compagni e gli allenatori
- prendersi delle responsabilità
- stare in un gruppo
- inseguire i propri sogni
Lo sport crea una forma mentis orientata alla performance e non importa se si diventerà atleti professionisti, perché ciò che insegna lo sport è in primis una lezione di vita.
da Veronica C. Bertarini | Lug 20, 2018 | SETTORE GIOVANILE
Essere genitori è già di per sé un ruolo complesso, esserlo di un figlio che pratica sport a livello agonistico può portare a porsi ulteriori dubbi e a paure relative al proprio comportamento.
Quanto entrare nell’attività sportiva del figlio?
Come incoraggiarlo senza essere pressanti?
Cosa dire di fronte a sconfitte, vittorie, cali di motivazione e difficoltà?
Come non proiettare le proprie aspettative sui propri figli?
Essere sempre presenti a gare o partite, oppure no?
Queste sono solo alcune delle domande che mi vengono rivolte dai genitori di giovani atleti che seguo e in questo breve articolo proverò a darvi qualche risposta.
Inizierò col dirvi che non esistono risposte preconfenzionate e non esiste la giusta ricetta per essere genitori dal comportamento impeccabile, possono esistere solo delle indicazioni, ma a farla da padrone nelle vostre scelte dovrà essere in primis la conoscenza profonda dei vostri figli, la vostra capacità di lettura di quei segnali, a volte non verbali, che i più piccoli sanno trasmetterci così bene.
Prima di approfondire il discorso però voglio raccontarvi una storia.
Questa mattina sul Corriere.it è uscita un’intervista di Andre Agassi, probabilmente molti di voi avranno letto il bestseller Open, io l’ho fatto molto tempo fa ed ho capito che un genitore può riuscire a creare un campione, ma rischiando di distruggere non solo un bambino, ma un uomo .. Ne vale davvero la pena?
“(…)Avevo appena vinto Wimbledon contro Goran Ivanisevic, nel 1992. Il mio primo Slam. Lo chiamai a casa. “No business losing that fourth set”, “non c’era alcuna ragione perché tu perdessi quel quarto set”. Mi disse solo questo. (…) certe volte mi sveglio di notte pensandoci ancora. Ci penso ogni volta che lo vedo (…) per lui non era importante la felicità che provavo. Quella frase significava che non cambiava nulla, che quel giorno io non ero un figlio contento, ma un lavoro da finire. Che per me non ci sarebbe mai stata pace. Fino a quando sarei stato in grado di reggermi in piedi. Ed è stato così (…) ».
Vi invito a leggere l’intervista completa al sul sito del corriere della sera.
Alcuni di voi potrebbero sostenere che sarà anche tutto vero, ma alla fine è diventato niente di meno che Agassi! …. Quindi in fondo ne è valsa la pena. Intanto, non possiamo sapere se lo sarebbe comunque diventato, magari spinto da una motivazione e passione interna più che da un padre e soprattutto è bene ricordare che noi conosciamo le storie di quelli che ce l’hanno fatta, ma quelli che hanno abbandonato per l’eccessiva pressione dei genitori (o allenatori) vi assicuro che sono di gran lunga molti di più!
Cosa fare quindi?
Di seguito 6 punti chiave che ogni genitore dovrebbe sempre tenere a mente:
#1 Lasciate vivere ai figli le loro passioni, evitando di proiettare le vostre.
Come farlo? Con l’arma più potente che tutti noi abbiamo: la consapevolezza.
#2 Avere un ruolo nello sport dei propri figli è importante.
I genitori hanno un ruolo chiave nella pratica sportiva dei propri figli ed è fondamentale che instaurino un’alleanza e una collaborazione intelligente con la società sportiva e gli allenatori, perché questo aiuta ad assolvere al compito educativo che le figure coinvolte hanno nei confronti dei più piccoli.
#3 Supportate i vostri figli.
I ragazzi devono sentire da parte dei propri genitori un appoggio incondizionato, che significa essere supportati e valorizzati per quello che sono.
Se perdono una gara o una partita questo non ha niente a che vedere con il loro valore come persone. Ricordate che il loro livello di autostima è in gran parte nelle vostre mani.
#4 Siate oggettivi ed evitate di pensare che vostro figlio sia sempre migliore degli altri.
Molti genitori pensano che il proprio figlio sia il più bravo, quello che abbia maggiori potenzialità o il miglior comportamento in campo.
Se così è ben per voi, il tempo vi darà ragione, ma è comunque bene evitare di mettere questa grossa responsabilità sulle spalle di un ragazzino che con tutta probabilità vuole solo divertirsi.
#5 Tifate correttamente.
Questo punto è in parte correlato al precedente.
Evitate situazioni del tipo: il tifo è per il figlio e non per la squadra, gli errori sono degli altri e non del figlio, se l’arbitro fischia contro il figlio è un incompetente, se l’Istruttore non lo fa giocare non capisce niente.
Il vostro ruolo è quello di insegnare ai figli il valore dello sport, il rispetto delle regole, la fatica del successo, la possibilità della sconfitta e il rispetto, troppo spesso quest’ultimo manca, proprio da parte dei genitori che si trasformano negli ultras dei propri figli.
Siate per loro un esempio da seguire, è la cosa migliore che potete fare, anche si fronte a un arbitraggio che ritenete scorretto.
#6 Date alle vittorie e alle sconfitte la giusta dimensione.
Sostenete i vostri figli a dare sempre il massimo, a rispettare le regole, l’autorità e gli avversari e ricordate che le vittorie sono sempre una conseguenza di una buona prestazione, non un fine verso cui spingere un ragazzino a tutti i costi.
Soprattutto insegnate ai vostri figIi che i fallimenti e le frustrazione nella vita servono. Senza sbaglio non c’è miglioramento.
Lo sport è un ottima palestra per aiutare i vostri figli a diventare adulti responsabili, rispettosi delle regole, capaci di rialzarsi dopo le inevitabili sconfitte della vita, determinati a raggiungere i propri obiettivi e molto altro … fatene buon uso!
da Veronica C. Bertarini | Mar 7, 2018 | SETTORE GIOVANILE
Abbiamo deciso di chiederlo a Daniele Martinelli, presidente e allenatore dello Sci Club Reit Ski Team di Bormio e Santa Caterina Valfurva
Come noto, lo sport praticato fin dalla più tenera età, come raccomandato dalle associazioni dei pediatri, riveste un ruolo prezioso nello sviluppo fisico di bambini e adolescenti, aiutando il loro organismo in crescita a mantenersi sano e resistente a varie tipologie di disturbi e contrastando gli effetti nocivi di uno stile di vita sedentario.
Ma l’attività sportiva ha numerosi risvolti anche sullo sviluppo psicologico dei nostri figli.
A livello cognitivo infatti numerose ricerche hanno dimostrato che la pratica sportiva consente un’impletazione delle aree pre-frontali del cervello, sede delle funzioni esecutive, responsabili della pianificazione, del monitoraggio e della coordinazione del comportamento e della possibilità di sviluppare strategie orientate al raggiungimento degli obiettivi.
A livello emotivo inoltre lo sport permette, all’interno di una situazione ludica e motivante, di fare esperienza di sé e del proprio corpo, attraverso il riconoscimento del valore dell’impegno e della costanza e il continuo confronto con le proprie potenzialità e i propri limiti.
Tutto ciò si realizza in un contesto relazionale prezioso che favorisce l’instaurarsi di relazioni significative e un sano confronto con l’altro, attraverso il rispetto di un sistema di regole predefinite e il riconoscimento del ruolo e del contributo specifico di ciascuno.
E’ quindi evidente come la pratica dell’attività sportiva possa contribuire in modo significativo ad una crescita equilibrata del bambino e ad una sua sana educazione: una vera e propria “palestra” che allena ad affrontare le sfide della vita quotidiana.
Partendo da questa premessa abbiamo deciso di chiedere direttamente a Daniele Martinelli, che giorno dopo giorno è a fianco dei ragazzi, la sua opinione sulla correlazione tra attività sportiva ed educazione.
Innanzitutto Daniele ci racconti qualcosa di te e del tuo sci club?
Lo Sci Club Reit Ski Team è un’associazione sportiva senza fini di lucro nata nel 2005.
L’esperienza maturata come atleta di buon livello e i numerosi anni di lavoro come allenatore di ragazzi di talento che hanno anche raggiunto traguardi nazionali e internazionali, mi hanno dato una certa conoscenza dell’ambiente sportivo e una competenza tecnica tali da spronarmi a realizzare il mio sogno: una struttura sportiva in cui al centro si posizionano i ragazzi, lo sci, la passione sportiva e l’agonismo.
Cosa significa per te che al centro si posizionano i ragazzi?
Lo spirito che anima questo club è l’interesse verso il benessere dei ragazzi.
Ci piace pensare che vivere lo Sci Club possa dare ai ragazzi divertimento, educazione, apprendimento, capacità di relazionarsi e di vivere in gruppo, autonomia, indipendenza e capacità di compiere dei sacrifici per ciò che amano.
Tutti valori indispensabili non soltanto nello svolgimento dell’attività sportiva ma nella loro formazione come persone.
In che modo pensi che lo sport possa contribuire alla formazione e all’educazione dei ragazzi che alleni?
Attraverso le sue regole, i suoi valori ed i suoi principi.
Il mio compito come allenatore è far si che essi non solo vengano percepiti e consapevolizzati dai ragazzi, ma soprattutto che vengano agiti anche in contesti esterni allo sport, nella vita quotidiana, a scuola, in famiglia e con gli amici.
Quello che viene appreso nella pratica sportiva è una vera e propria forma mentis che deve accompagnare i ragazzi nella vita.
Spesso si sente parlare di allenatori troppo “pressanti” che non lasciano spazio ai bambini per il divertimento e che pretendono troppo da loro. Quale è a tuo avviso il segreto per essere un buon coach?
Un buon allenatore è colui che riesce a “scolpire” i propri ragazzi per trasformarli in atleti, partendo sempre da loro, dalle loro potenzialità e dai loro obiettivi.
Il divertimento e la spensieratezza devono essere la base di ogni pratica sportiva, soprattutto con i più piccoli.
I ragazzi devono allenarsi ed impegnarsi ma devono poterlo fare con passione, riposare quando sono stanchi ed avere il tempo per giocare.
Stressarli per ottenere risultati non porterà ad alcun beneficio nel lungo termine ed è con questa consapevolezza che un buon coach dovrebbe agire.
La bravura di un allenatore consiste infatti nel saper adattare il proprio atteggiamento e le proprie conoscenze alla personalità e alle potenzialità del singolo ragazzo, consiste nel sapere quando è giusto pretendere un maggior sforzo e quando invece lasciare il giusto spazio.
“Per ogni individuo, lo sport è una possibile fonte di miglioramento interiore”
Pierre de Coubertin
Intervista a cura di Veronica Chantal Bertarini, Psicologa del Benessere e dello Sport, Counselor e Mental Coach e Marta Carenini, Psicologa, Psicoterapeuta, specialista in Infanzia e Adolescenza.
www.reitskiteam.it
da Veronica C. Bertarini | Mar 7, 2018 | SETTORE GIOVANILE
Come noto, lo sport praticato fin dalla più tenera età, come raccomandato dalle associazioni dei pediatri, riveste un ruolo prezioso nello sviluppo fisico di bambini e adolescenti, aiutando il loro organismo in crescita a mantenersi sano e resistente a varie tipologie di disturbi e contrastando gli effetti nocìvi di uno stile di vita sedentario.
Ma l’attività sportiva ha numerosi risvolti anche sullo sviluppo psicologico dei nostri figli.
A livello cognitivo infatti numerose ricerche hanno dimostrato che la pratica sportiva consente un’impletazione delle aree prefrontali del cervello, sede delle funzioni esecutive, responsabili della pianificazione, del monitoraggio e della coordinazione del comportamento e della possibilità di sviluppare stategie orientate al raggiungimento degli obiettivi.
A livello emotivo inoltre lo sport permette, all’interno di una situazione ludica e motivante, di fare esperienza di sé e del proprio corpo, attraverso il riconoscimento del valore dell’impegno e della costanza e il continuo confronto con le proprie potenzialità e i propri limiti.
Tutto ciò si realizza in un contesto relazionale prezioso che favorisce l’instaurarsi di relazioni significative e un sano confronto con l’altro, attraverso il rispetto di un sistema di regole predefinite e il riconoscimento del ruolo e del contributo specifico di ciascuno.
E’ quindi evidente come la pratica dell’attività sportiva possa contribuire in modo significativo ad una crescita equilibrata del bambino e ad una sua sana educazione: una vera e propria “palestra” che allena ad affrontare le sfide della vita quotidiana.
Attraverso lo sport è infatti possibile apprendere valori importanti quali l’amicizia, la lealtà, il rispetto per gli altri, l’autodisciplina etc.
Secondo una ricerca ISTAT, la pratica sportiva continuativa è del 54,3% in bambini di età compresa tra i 6 e i 10 anni, ma nella fascia d’età 11-14 anni diminuisce al 53.4%, riducendosi al 48,5% tra i 15 e i 17 anni e assestandosi al 34,7% tra i 18 e i 19 anni.
Risulta quindi decisamente molto importante che lo sport sia per il bambino anzitutto un divertimento ed una propria scelta al fine di prevenire l’abbandono.
Purtroppo non sempre è cosí e molti ragazzi, soprattutto quelli che praticano sport a livello agonistico sono sottoposti a stress da parte dei genitori che proiettano su di loro l’aspettativa di crescere un campione.
L’agonismo è faticoso, prevede un impegno fisico e temporale notevole, richiede buone capacità organizzative man mano la scuola diviene più impegnativa e molti sacrifici, e proprio per questo deve essere una scelta guidata solo dalla passione e dalla motivazione del ragazzo.