da Veronica C. Bertarini | Mar 7, 2018 | MENTAL COACHING
“Voglio dimagrire”, “voglio stare meglio”, “voglio dedicarmi di più a me stessa” , “non voglio essere sempre di fretta” … e poi?
Le giornate trascorrono come sempre e i nostri obiettivi rimangono lì a far da cornice alla nostra vita.
Perché accade?
La risposta è semplice: quelli che pensiamo essere degli obiettivi non lo sono affatto.
Un obiettivo, infatti, per essere definito tale deve essere ben formulato e deve presentare delle specifiche caratteristiche.
Vediamo le più importanti:
Deve essere specifico
“Voglio dimagrire” non è un obiettivo in quanto è troppo generico.
Di quanto vuoi dimagrire? In quanto tempo? Come? Sono queste le domande a cui bisogna rispondere per formulare un obiettivo specifico.
Deve essere positivo
“Non voglio essere sempre di fretta” è un obiettivo formulato negativamente ma il nostro cervello non è programmato per leggere la negazione.
Provate ad immaginare un uomo che non pianta un albero.
Ci riuscite? Probabilmente avrete visualizzato esattamente l’opposto ovvero un uomo che pianta un albero!
Nel migliore dei casi avrete immaginato un uomo che fa qualcos’altro ma di certo non un uomo che non pianta un albero!
Questa immagine, infatti, nella nostra mente è impossibile da visualizzare, per cui è evidente come non possa essere un obiettivo qualcosa che il nostro cervello non sa processare.
Ha una scadenza precisa
Un obiettivo deve avere un tempo per il suo raggiungimento.
Laddove l’obiettivo fosse troppo a lungo termine suddividetelo in micro obiettivi e pianificate delle tappe intermedie.
Poniamo che il vostro obiettivo sia quello di perdere 20 kili in un anno, decidete quanto peso volete perdere ogni mese per raggiungerlo.
Esprime un risultato
La domanda da porvi in questo caso è “come saprò di aver raggiunto il mio obiettivo?”; trovate delle evidenze concrete.
E’ misurabile
“Voglio dedicarmi di più a me stessa”, quanto tempo voglio dedicare più a me stessa? Due ore al giorno o due ore alla settimana? “Voglio dimagrire”, quanto voglio dimagrire, due o venti kili? Esiste una netta differenza tra queste affermazioni.
E’ sotto la nostra responsabilità
Questo è fondamentale, perché spesso desideriamo raggiungere obiettivi che non dipendono da noi, invece un obiettivo raggiungibile solo se è sotto la nostra responsabilità.
In conclusione quindi, possiamo affermare che un obiettivo per essere raggiungibile deve essere S.M.A.R.T. ovvero specifico, misurabile, attuabile, realistico e temporizzato.
Buon raggiungimento dei vostri obiettivi!
da Veronica C. Bertarini | Mar 7, 2018 | MENTAL COACHING
Il termine stress è entrato nel vocabolario comune per indicare situazioni di disagio, di tensione, di forte preoccupazione o di ansia.
Molto spesso viene vissuto come un qualcosa da eliminare, ma come affermava Hans Selye, considerato il padre fondatore delle ricerche sullo stress, la completa libertà dallo stress è la morte.
Il mondo sportivo estremizza lo stress e premia chi lo sa gestire al meglio.
Ogni atleta, dovrebbe caratterizzarsi innanzitutto per la sua capacità di governare le difficoltà perché lo sport ti sottopone inevitabilmente a ostacoli, insuccesso, frustrazione, solitudine, sfortuna.
Non è quindi tutta questione di muscoli!
Le ricerche sulle prestazioni atletiche mostrano come il successo sportivo sia dato da tre fattori: dotazione genetica, qualità e quantità dell’allenamento e capacità psicologiche.
Purtroppo l’attenzione ai fattori psicologici e quindi alla preparazione mentale non è ancora prassi comune, sebbene sia assolutamente fondamentale.
Pietro Trabucchi nel volume “Resisto dunque sono” evidenzia come nei paesi come i nostri, pieni di benessere, più difficilmente emerge qualcuno.
Siamo pieni di gente iper selezionata, fisicamente azeccatissima e iper-allenata, ma che poi sotto pressione si rivela inconsistente. Lavoriamo molto di più sui muscoli che sulla mente, sebbene questa abbia un ruolo cruciale.
Per quanto riguarda la capacità degli atleti di fronteggiare lo stress, le ricerche mostrano come requisito psicologico fondamentale sia la resilienza.
“L’individuo resiliente ha una serie di caratteristiche psicologiche inconfondibili: è un’ottimista e tende a leggere gli eventi negativi come momentanei e circoscritti; ritiene di possedere un ampio margine di controllo sulla propria vita e sull’ambiente che lo circonda; è fortemente motivato a raggiungere gli obiettivi che si è prefissato, è incline a interpretare i cambiamenti come una sfida e un’ opportunità, piuttosto che come una minaccia, e di fronte a sconfitte e frustrazioni tende a non perdere la speranza.”
(Tratto da Resisto dunque sono di Pietro Trabucchi).
Attenzione perché la resilienza, non solo aiuta l’atleta ad interpretare gli eventi in modo più funzionale e gli permette quindi con più probabilità di raggiungere i propri obiettivi, ma lo rende anche meno fisicamente vulnerabile allo stress!
La buona notizia è che la resilienza non è qualcosa che si ha o non si ha, il suo sviluppo dipende in parte dalle nostre esperienze di vita, ma è un processo e come tale può modificarsi ed essere allenato attraverso un programma di preparazione mentale.
da Veronica C. Bertarini | Mar 7, 2018 | MENTAL COACHING
Educare un bambino significa anche lasciarlo sbagliare affinché dall’esperienza e dai nostri successivi suggerimenti impari a cavarsela da solo.
E quindi la teoria parrebbe molto semplice, in fondo lo sanno tutti che “sbagliando si impara”.
Eppure osservando le persone intorno a noi possiamo vedere come alcune di esse ricadano sempre negli stessi errori e non mettano in atto alcun meccanismo di apprendimento.
È quindi così vero che sbagliando si impara?
La mia risposta è no. Sbagliando si impara solo se c’è, innanzitutto consapevolezza dell’errore e in secondo luogo dei bisogni latenti che ci portano a reiterare quel comportamento che chiamiamo errore.
Seguo diversi pazienti che arrivati ad un certo punto della loro esistenza, capiscono che ricadono sempre nel medesimo circolo vizioso, mettendo in atto sempre gli stessi comportamenti, che ad un certo punto non risultano più essere funzionali al loro benessere.
Ecco quindi che viene compiuto il primo passo, ovvero la comprensione che un meccanismo disfunzionale che potremmo teoricamente governare, in realtà si reitera quasi per abitudine, senza che vi esercitiamo un controllo consapevole.
Una volta che diventiamo consapevoli quindi possiamo facilmente smettere di commettere errori?
Giusto? Purtroppo no.
La sola consapevolezza non è sufficiente per un cambiamento significativo e quindi potrebbe non bastare per imparare dai propri errori e conseguentemente modificare il proprio comportamento.
Ecco quindi che arrivare a cogliere il perché è un lavoro ulteriore e necessario, che spesso richiede il sostegno di uno psicologo, affinché venga facilitato il processo di chiarificazione rispetto ai bisogni e ai valori che guidano le nostre azioni, con cui spesso, sebbene ci appartengano e ci guidino, noi stessi non siamo in contatto.
Ma cosa accade quando a sbagliare è un’atleta in una gara importante?
Cosa serve affinché quell’errore si trasformi in maggiore consapevolezza e possa poi portare ad una migliore prestazione alla successiva occasione?
Quando si parla di errore nello sport viene spesso citata la seguente dichiarazione di Michael Jordan: “Nella mia carriera ho sbagliato 9.000 tiri ed è così che sono diventato Michael Jordan”.
A vostro avviso basta quindi sbagliare 9.000 tiri per diventare Jordan? O c’è dell’altro?
Innanzitutto tutto la possibilità di imparare dai nostri errori e conseguentemente di migliorarsi, dipende dal significato che diamo all’errore stesso.
Commettere un errore e dirsi frasi del tipo “non valgo niente” rischia di paralizzarci nella condizione di fallimento. In caso di errore pensieri come “Questa volta è andata così, ma io posso sicuramente fare meglio” sono di gran lunga più proficui per mantenere una buona autostima e permettere una prestazione futura migliore.
Un altro punto fondamentale è relativo all’assunzione della responsabilità.
Quando commettiamo un errore, tendiamo a cercarne la spiegazione negli altri o in situazioni esterne. In questo caso, è importante fermarsi, riflettere e assumerci le nostre responsabilità.
Affrontare le conseguenze dei nostri errori e assumercene la responsabilità non è solo segno di maturità, ma un passo necessario per migliorarsi.
Infine è opportuno sottolineare che gli errori, senza un lavoro su di sé e senza una reale dedizione verso i propri obiettivi, continuano a rimanere errori.
Se riuscite ad imparare dai vostri errori, se non vi arrendete, se vi riferite a voi stessi in modo positivo, quando commetterete un errore, sorriderete.
Il fallimento sarà una semplice caduta momentanea, che non fermerà il vostro volo.
“Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, e altre diciassette volte a meno di dieci secondi alla fine, ma nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Trentasei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto.”
Michael Jordan
da Veronica C. Bertarini | Mar 7, 2018 | MENTAL COACHING
I limiti di una prestazione sportiva sono legati al corpo, ma anche al training tecnico e mentale dell’atleta ed è su questi ultimi due aspetti che interviene lo psicologo dello sport o mental coach.
Il mental coaching è il tipo di intervento che permette agli individui di raggiungere i propri obiettivi, e superare i propri limiti attraverso il riconoscimento e la messa in azione delle proprie potenzialità.
Esso ha come fine ultimo il miglioramento della performance.
La mente vincente…
E’ ormai noto che “la testa” ha un’incidenza nel raggiungimento dei risultati, ce lo dicono gli atleti professionisti durante le interviste e ce lo dimostrano attraverso le loro azioni, pensate alla recente impresa di Valentino Rossi che a una ventina di giorni della frattura di tibia e perone ha corso il Moto GP di Aragon arrivando quinto!
La sua determinazione, la sua motivazione, la sua gestione del dolore, i suoi obiettivi sono elementi da considerare al pari degli antidolorifici e della calcificazione delle sue ossa.
“Devo ammettere – confessa il chirurgo all’Agi – che ho visto la corsa con le mani sul viso e il cuore in gola ogni volta che Valentino piegava la moto. Tutti si chiedono: ‘Come si può correre a 300 all’ora a tre settimane da una frattura così seria?’. Con la grande motivazione.”
Fonte: il Giornale
da Veronica C. Bertarini | Mar 7, 2018 | MENTAL COACHING
Molto spesso nel mondo dello sport si pensa al Mental Coach come a colui che sta a fianco dell’atleta incitandolo a fare sempre di più “Vai, sei il numero uno”, come se il mental coach corrispondesse al ruolo del motivatore.
La realtà è molto più complessa e ha poco a che vedere con quanto descritto.
Iniziamo con il fare un po’ di chiarezza sui termini utilizzati e su come un mental coach si forma per esercitare questa professione.
Il mental coach non è necessariamente uno psicologo, ma uno psicologo che lavora sullo sviluppo delle potenzialità delle persone è necessariamente un mental coach, anche se spesso non ama definirsi in tal modo.
Il coaching non è una professione regolamentata in Italia, pertanto troverete coach che hanno fatto scuole di tre anni ed hanno una buona, se non ottima preparazione e coach che si sono certificati in un corso intensivo di una settimana o in quattro week end e che magari erano già formati dall’esperienza sul campo (ci sta), ma in alcuni casi potrebbero non avere le competenze necessarie per un lavoro di preparazione mentale.
Tendenzialmente uno psicologo che si approccia a questa declinazione della propria professione ha innanzitutto una laurea quinquennale ed è iscritto ad un Albo Professionale, ed in secondo luogo può aver approfondito la materia tramite corsi di perfezionamento e master.
Con questo non intendo assolutamente affermare che solo gli psicologi possono esercitare questa professione, conosco molti validi coach in ambiti differenti (business coach, life coach, mentak coach etc.) che hanno una formazione diversa e sono ottimi professionisti!
Chiarita quale è la formazione che un mental coach può avere arriviamo a capire cosa fa, visto che siamo partiti dall’affermare che non è un motivatore.
Il mental coaching nello sport può essere definito come un intervento finalizzato all’ottimizzazione delle risorse dell’atleta e al conseguente miglioramento della performance.
Il programma è personalizzato poiché ciascun atleta ha le proprie esigenze, all’ interno del proprio contesto sportivo, tuttavia possiamo individuare alcune macro aree di lavoro:
- Goal Setting: accompaganre l’atleta nella corretta definizione dei propri obiettivi, analizzando risorse e possibili ostacoli è fondamentale affinché gli obiettivi possano essere raggiunti.
- Dialogo Interno e Autoefficacia: ciò che un atleta dice a se stesso, prima, durante e dopo una gara ha un’incidenza molto elevata sull’autostima, che a sua volta ha notevoli effetti sulla performance. Aiutare l’atleta a identificare i propri pensieri e lavorare con lui ad eventuali modifiche è un passaggio molto importante per far sì che questi divengano potenzianti e non ostacolanti.
- Gestione delle emozioni: le emozioni giocano un ruolo chiave nella prestazione sportiva. Imparare a conoscere, riconoscere e gestire le proprie emozioni risulta quindi di fondamentale importanza. Tecniche di visualizzazione e di rilassamento aiutano a gestire la nostra parte emotiva.
- Concentrazione e attivazione pre-gara: è importante sapersi concentrare ed è altrettanto importante avere il giusto grado di attivazione prima di una competizione. Tecniche di visualizzazione, esercizi di mindfulness, implementazione delle routine, sono alcune delle tecniche utili in quest’area.
Tale elenco non è esaustivo, tuttavia aiuta a comprendere meglio ciò che viene fatto in un lavoro di preparazione mentale.
E’ facile quindi dedurre che tutto questo lavoro ha un’incidenza sulla motivazione dell’atleta ben diversa dal “vai che ce la fai!” e non da ultimo è importante ricordare che il mental coach non è un mago e affinché uno sportivo usi la propria mente a suo vantaggio è fondamentale l’allenamento!
Se vuoi utilizzare la mente come acceleratore delle tue potenzialità e conoscere i benefici del mental coaching contattami e sarò felice di fornirti maggiori informazioni sul ruolo di mental coach.