Eleonora Anna Giorgi è una marciatrice italiana, primatista europea della 50 km di marcia.
Ha vinto l’edizione 2015 della IAAF World Race Walking Challenge ed il titolo ai Giochi del Mediterraneo di Mersin 2013, entrambe le volte nella marcia 20 km su strada.
Ha vinto 3 titoli italiani assoluti, altrettanti nazionali universitari e 7 italiani giovanili. Detiene il record mondiale sui 5000 m di marcia e 3 italiani assoluti, sempre di marcia, in altrettante distanze: 3000 m indoor, 5000 m outdoor e 20 km su strada.
Medaglia di bronzo agli ultimi mondiali di Atletica Leggera di Doha del 2019 (unica medaglia dell’atletica)
Laurea magistrale in economia presso l’Università Bocconi e Master in Sport Management e Marketing presso l’Università Bicocca di Milano.
Abbiamo quindi il piacere di entrare nella mente di una grandissima atleta!
In effetti, già dal primo scambio di battute capisco che Eleonora ha quella che io definisco una “mente vincente”: pensiero positivo, determinazione, costanza, programmazione, focus agli obiettivi e ovviamente un potentissimo motore dato dalla propria passione.
Siamo in pieno “lock down” a causa del Covid-19 ed il mio incontro con Eleonora non può che essere virtuale; il distanziamento però non influenza la nostra chiacchierata, subito rompiamo il ghiaccio, Eleonora è una ragazza estremamente solare (“chiacchierona” come si definisce lei) e non le è affatto difficile raccontare sé stessa e la sua vita da atleta.
La prima domanda è scontata e quasi d’obbligo in questo periodo….
“Come stai vivendo questo periodo di quarantena? E subito penso alle Olimpiadi a cui non potrà partecipare, in quanto rimandate al prossimo anno …
Il primo periodo ho avuto comunque la possibilità di allenarmi a porte chiuse in quanto atleta professionista e oltretutto di sport individuale; a seguito della posticipazione delle Olimpiadi è invece arrivato lo stop definitivo.
Da quel punto ho iniziato ad allenarmi a casa via Zoom “insieme” al mio allenatore ed altri compagni di squadra facendo circuiti di potenziamento o cardio e concentrandoci a migliorare alcuni aspetti sui quali io non ero fortissima in quanto li facevo raramente; solitamente percorro da un minimo di 20 km ad un massimo di 40 km al giorno e pertanto non ho la forza e l’energia di fare esercizi, salti e squat dopo l’allenamento usuale. Nel periodo invernale faccio più esercizi, ma non nel periodo delle gare.
Questa quarantena, se la guardiamo positivamente, è servita proprio a lavorare sulle mie aree di miglioramento.
Dal 1^ maggio ho poi ricominciato ad allenarmi su strada.
Quale era il tuo programma quest’anno?
Avrei dovuto gareggiare il 1^ marzo a Bergamo in occasione dei Campionati Italiani e questa è stata la prima gara che hanno iniziato a rimandare …. poi ci sarebbe stata la Coppa del Mondo a maggio e tra luglio e agosto l’Olimpiade, più altre gare intermedie.
Ero davvero in un buono stato di forma perché mi ero allenata molto bene ed ero pronta a gareggiare … questo ovviamente è stato un po’ un rammarico.
Come hai vissuto il rimando delle prossime olimpiadi?
Da un lato credo assolutamente che sia stata la scelta giusta quella di aver rimandato le Olimpiadi, la salute della collettività viene sicuramente prima dell’ambizione personale, anche se ovviamente dall’altra parte c’è un po’ di dispiacere perché ci si prepara all’Olimpiade per ben 4 anni!
Io però solitamente sono una persona ottimista ed ho cercato subito di vedere il bicchiere mezzo pieno: “ho un anno in più per allenarmi e migliorare determinati aspetti”.
Il mio dispiacere, in questo momento, ha comunque meno peso rispetto alle persone che stanno soffrendo a causa di questa pandemia, ed il fatto che io e la mia famiglia stiamo bene e siamo in salute è sicuramente diventato prioritario.
Ho imparato a vedere le cose da una prospettiva differente, nonostante il dispiacere.
A proposito di vedere le cose in modo diverso, lunedì 4 maggio al primo allenamento ero super emozionata, mi sembrava di essere al primo giorno di scuola!
E’ proprio vero che quando le cose che dai scontate vengono a mancare, quando torni ad averle ogni piccola cosa diventa importante.
Come è nata la tua passione per la marcia?
Ho iniziato con le campestri alle scuole medie ed ho praticato mezzo fondo fino a 17/18 anni, poi ho avuto un infortunio, una tendinite, che mi ha impedito di correre.
È stata mia mamma che mi ha spinto a provare la marcia, meno traumatica rispetto alla corsa mancando la fase di volo, e quindi più adatta ai miei tendini. Da quel momento non ho più smesso, ma possiamo dire che ho iniziato a marciare “per caso”; in realtà da piccola ho provato diversi sport, dal nuoto, al kung fu, alla pallavolo .. ma l’atletica è sempre stata il mio grande amore.
Tornando alla marcia ricordo che all’inizio andavo pianissimo e arrivavo in fondo, poi piano piano ho iniziato a vedere i primi risultati e piano piano sono arrivate la vittoria dei primi Campionati Italiani, le prime Nazionali Giovanili Juniores e le prime partecipazioni in alcune gare internazionali.
Nel 2012 ho partecipato alle mie prime Olimpiadi a Londra ed è lì che ho capito di aver fatto il salto di qualità.
Nella tua descrizione parli di risultati raggiunti piano piano … a questo proposito credi di essere un atleta dal talento innato o un atleta che il talento se lo è costruito?
Credo sicuramente di averlo costruito. La testa è stata ciò che mi ha aiutata di più per raggiungere i miei sogni ed i miei obiettivi perché ogni giorno lavoro tantissimo per migliorare.
All’inizio i miei obiettivi erano al minimo, mi bastava partecipare, poi con i primi risultati l’ambizione è cresciuta ed il sogno ha iniziato a diventare un obiettivo concreto da raggiungere.
Credo comunque in generale che conti molto di più il duro lavoro del talento; ho visto molti ragazzi con molto più talento di me non arrivare da nessuna parte perché gli mancava la voglia di fare fatica.
Eleonora ti ringrazio per questa testimonianza che in effetti è assolutamente allineata alle ricerche in questo ambito, che mostrano come siano componenti come la costanza e la focalizzazione a portare al successo, piuttosto che il talento. Tesi che però spesso è lontana dal senso comune.
Si è vero. Spesso quando si pensa agli atleti si crede che siano dei predestinati.
Dal mio punto di vista ci sono due fazioni, quelli che credono che vai e con molta semplicità prendi una medaglia, perché per te è semplice e quelli invece credono che fai tantissimi sacrifici.
A quest’ultimo proposito posso dire che non sento di fare dei sacrifici: faccio quello che mi piace e nel frattempo visito il mondo, per cui mi sento assolutamente fortunata.
I miei non sono sacrifici, sono scelte.
Quindi scelte e non sacrifici, ma momenti difficili in questi anni ci sono stati?
Si, ce ne sono stati tanti, infatti un aggettivo che uso spesso per descrivermi è quello della resilienza.
2012 prima Olimpiade, 2014 e 2015 sono stati anni fantastici in cui ho fatto record italiani che appartenevano a marciatrice molto forti che avevano vinto medaglie internazionali, quindi ho fatto record italiani importanti.
Dopo questi anni però sono incappata in alcune squalifiche, alle Olimpiadi di Rio del 2016 e ai Mondiali di Pechino … nella marcia ci sono due regole da rispettare che sono il: bloccaggio del ginocchio (quando la gamba tocca terra deve essere tesa) e la sospensione che vengono analizzate da giudici sul percorso.
Sono incappata quindi in alcune squalifiche in anni in cui ero davvero molto forte, tra le più forti al mondo, infatti ero quinta nel ranking mondiale (poi anche quest’anno sulla 50 sono tornata ad alti livelli); lottando per medaglie davvero importanti non è stato semplice accettare e metabolizzare queste squalifiche.
Nel 2016 ho subito un infortunio, in realtà era un male al ginocchio che mi portavo dietro già da un paio di anni, ma a dicembre 2016 mi sono dovuta operare e quindi poi mi sono trovata a ricominciare da capo.
Nonostante questo, però, ogni volta tornavo a casa con il desiderio di marciare e migliorare, con sempre più passione e determinazione. Credo che qualcun altro al mio posto avrebbe smesso; ho anche una Laurea di Economia nel cassetto e mi è capitato di pensare “potrei fare altro nella vita”, ma poi non l’ho mai fatto e ho continuato sempre a marciare perché è la mia passione.
Molti atleti lasciano gli studi quando raggiungono importanti livelli nello sport, tu invece sei un bellissimo esempio per tutti i giovani, in quanto sei riuscita a portare avanti una carriera importante a livello agonistico e una laurea in Economia e Commercio alla Bocconi. Quale è stato il tuo segreto? Come ci sei riuscita?
Innanzitutto le ho vissute come due cose complementari, ma distaccate: quando studiavo pensavo a studiare, quando marciavo pensavo a marciare. L’una mi aiutava a liberare la testa dall’altra e credo che questo mi abbia aiutata molto a portare avanti bene entrambe le cose.
Non è stato semplice, ma nemmeno impossibile!
Credo sia solo questione di organizzazione, quando uno vuole fare le cose il tempo lo trova: in quegli anni mi alzavo alla mattina presto per marciare, poi andavo a lezione (ho sempre frequentato tutte le lezioni, non ne ho mai saltata una!), poi in pausa pranzo tornavo ad allenarmi…
Il primo esame che ho fatto, matematica, ho preso 14! Non ti dico i pianti … però poi ho tenuto duro grazie ai miei genitori che mi hanno sempre supportata e poi ho preso 26 ed una volta acquisito il metodo di studio è andata bene!
Quanto sono stati importanti i tuoi genitori nella tua carriera agonista?
Sono stati fondamentali e mi hanno sempre sostenuta in tutto.
Mia mamma in particolare ha giocato un ruolo chiave, in quanto da giovane faceva atletica, la staffetta, gareggiando a livello scolastico, ma mio nonno le ha sempre detto che non avrebbe potuto fare due cose assieme, doveva concentrarsi sulla scuola e sul lavoro e non poteva contemporaneamente fare sport che era solo una perdita di tempo.
Lei, in contrapposizione a questo, mi ha insegnato che si possono fare bene entrambe le cose e questo è stato un grandissimo sostegno.
Negli ultimi anni sta crescendo il numero degli atleti laureati a dimostrazione del fatto che è possibile portare avanti entrambe le cose: allenare il fisico e parallelamente la propria mente!
Cambiamo argomento. Abbiamo parlato prima di fallimento, cosa e per te il successo?
Il risultato di tante ore di lavoro, costanza, determinazione e di un pizzico di fortuna!
C’è un momento della tua carriera fino ad oggi che identifichi come successo?
La penultima gara che ho fatto, ovvero i Mondiali di Doha a settembre 2019 in cui ho vinto la medaglia di bronzo.
Faccio un passo indietro per fare capire qualcosa di più della mia storia … dopo le squalifiche di cui ho parlato prima, ho deciso di intraprendere una nuova avventura passando dalla 20 km alle 50 km; ho quindi più che raddoppiato la mia distanza solita di gara (decisione presa a fine 2018), ho dovuto incrementare i carichi di lavoro e cambiare il mio allenamento. Dopo le squalifiche questa scelta per me ha rappresentato una nuova sfida che mi ha dato motivazione e carica, che era esattamente ciò che mi serviva in quel momento.
Ho fatto la mia prima 50 km l’anno scorso a maggio in Coppa Europa, dove ho riscritto il record europeo (4h04m50s); ero contentissima, avevo assimilato bene gli allenamenti ed ero molto motivata. Ho quindi deciso di fare la stessa distanza ai Mondiali di Doha, che si sarebbero disputati dopo pochi mesi.
Abbiamo gareggiato alle 23.30 perché c’erano 32 gradi di notte, anche se percepiti erano più di 40 gradi, con un tasso di umidità dell’ 80%!
Fino all’ultimo non sapevano se avremmo gareggiato; siamo arrivati a Doha tre giorni prima della gara e ci hanno comunicato che forse non avremmo gareggiato a causa delle alte temperature, che avrebbero potuto compromettere la salute degli atleti.
Alla fine però hanno deciso di svolgere la gara in notturna.
Intorno al 15 km sono stata male di stomaco, faceva molto caldo ed ho bevuto dell’acqua troppo fredda … non aveva mai gareggiato in una condizione cosi estrema. Il pensiero quando stavo male è stato “Non riuscirò a finire la gara, sto troppo male”, poi però mi sono detta “Vediamo come va, un km alla volta …” . Mi sono sentita meglio ed ho iniziato ad andare avanti di km in km senza guardare i tempi, perché in quelle condizioni i tempi erano assolutamente relativi, per farti capire il primo uomo che ha vinto ha fatto un tempo che ho io di personale e questo fa comprendere come tutti siamo andati relativamente piano.
Io ho fatto 25 minuti in più rispetto al mio tempo migliore.
Sono andata avanti ponendomi dei micro obiettivi per aiutare la mia testa di reagire, sono stata male ancora, vomitando 6/7 volte durante la gara e intorno a me vedevo atleti stare decisamente male, svenire e il mi unico obiettivo era quello di finire.
Questa è stata una delle gare più belle perché ho tenuto duro, mentalmente sentivo di volere avere una rivalsa sugli anni passati caratterizzati dalle squalifiche, ed ho lottato con tutta me stessa per prendermi questa medaglia!
Mi sono saputa adattare al contesto e sono sopravvissuta! Chi ha cercato di mantenere i propri tempi usuali non è arrivato alla fine, io ho deciso di abbandonare il cronometro ed è stata una scelta vincente.
Ci sono delle cose specifiche a cui pensi durante la gara?
Consigli dell’allenatore, cosa devo fare, attenzione ai cambi di ritmo …
Una cosa che ho notato è che durante le gare, la mia focalizzazione è solo sulle parole dell’allenatore, non ascolto i consigli di nessun altro, li sento chiari, ma è come se in quel momento mi chiudessi in una bolla …
Ovviamente non rimango super concentrata per 4 ore! Ci sono momenti in cui non penso e credo che in certi momenti sia assolutamente meglio così.
Tante delle cose che mi hai raccontato come tue caratteristiche mentali sono aspetti su cui il mental coach lavora con i propri atleti. Le tue sono doti naturali o hai allenato la tua testa con l’aiuto di un professionista?
Ho fatto un corso di Mindfulness, per imparare a stare concentrata nel qui ed ora e ho imparato la tecnica delle visualizzazioni, soprattutto questo mi è piaciuto tantissimo, le uso e le trovo molto utili.
Le visualizzazioni le uso da qualche anno: vedermi in gara ed immaginare i gesti che farò, piuttosto che visualizzare un obiettivo mi ha aiutata molto.
Quanto conta la testa?
La testa conta veramente tantissimo, direi il 99%, anche se chiaramente non è possibile stabilire una percentuale.
Ovvio che nell’affermare questo parto dal presupposto che l’allenamento è alla base: non si vince senza allenamento.
Psicologa del Benessere e dello Sport, Counselor e Mental Coach
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