Essere genitori è già di per sé un ruolo complesso, esserlo di un figlio che pratica sport a livello agonistico può portare a porsi ulteriori dubbi e a paure relative al proprio comportamento.

Quanto entrare nell’attività sportiva del figlio?

Come incoraggiarlo senza essere pressanti?

Cosa dire di fronte a sconfitte, vittorie, cali di motivazione e difficoltà?

Come non proiettare le proprie aspettative sui propri figli?

Essere sempre presenti a gare o partite, oppure no?

Queste sono solo alcune delle domande che mi vengono rivolte dai genitori di giovani atleti che seguo e in questo breve articolo proverò a darvi qualche risposta.

Inizierò col dirvi che non esistono risposte preconfenzionate e non esiste la giusta ricetta per essere genitori dal comportamento impeccabile, possono esistere solo delle indicazioni, ma a farla da padrone nelle vostre scelte dovrà essere in primis la conoscenza profonda dei vostri figli, la vostra capacità di lettura di quei segnali, a volte non verbali, che i più piccoli sanno trasmetterci così bene.

Prima di approfondire il discorso però voglio raccontarvi una storia.

Questa mattina sul Corriere.it è uscita un’intervista di Andre Agassi, probabilmente molti di voi avranno letto il bestseller Open, io l’ho fatto molto tempo fa ed ho capito che un genitore può riuscire a creare un campione, ma rischiando di distruggere non solo un bambino, ma un uomo .. Ne vale davvero la pena?

(…)Avevo appena vinto Wimbledon contro Goran Ivanisevic, nel 1992. Il mio primo Slam. Lo chiamai a casa. “No business losing that fourth set”, “non c’era alcuna ragione perché tu perdessi quel quarto set”. Mi disse solo questo. (…) certe volte mi sveglio di notte pensandoci ancora. Ci penso ogni volta che lo vedo (…) per lui non era importante la felicità che provavo. Quella frase significava che non cambiava nulla, che quel giorno io non ero un figlio contento, ma un lavoro da finire. Che per me non ci sarebbe mai stata pace. Fino a quando sarei stato in grado di reggermi in piedi. Ed è stato così (…) ».

 Vi invito a leggere l’intervista completa al sul sito del corriere della sera.

Alcuni di voi potrebbero sostenere che sarà anche tutto vero, ma alla fine è diventato niente di meno che Agassi! …. Quindi in fondo ne è valsa la pena. Intanto, non possiamo sapere se lo sarebbe comunque diventato, magari spinto da una motivazione e passione interna più che da un padre e soprattutto è bene ricordare che noi conosciamo le storie di quelli che ce l’hanno fatta, ma quelli che hanno abbandonato per l’eccessiva pressione dei genitori (o allenatori) vi assicuro che sono di gran lunga molti di più!

Cosa fare quindi?

Di seguito 6 punti chiave che ogni genitore dovrebbe sempre tenere a mente:

#1 Lasciate vivere ai figli le loro passioni, evitando di proiettare le vostre.

Come farlo? Con l’arma più potente che tutti noi abbiamo: la consapevolezza.

#2 Avere un ruolo nello sport dei propri figli è importante.

I genitori hanno un ruolo chiave nella pratica sportiva dei propri figli ed è fondamentale che instaurino un’alleanza e una collaborazione intelligente con la società sportiva e gli allenatori, perché questo aiuta ad assolvere al compito educativo che le figure coinvolte hanno nei confronti dei più piccoli.

#3 Supportate i vostri figli.

I ragazzi devono sentire da parte dei propri genitori un appoggio incondizionato, che significa essere supportati e valorizzati per quello che sono.

Se perdono una gara o una partita questo non ha niente a che vedere con il loro valore come persone. Ricordate che il loro livello di autostima è in gran parte nelle vostre mani.

#4 Siate oggettivi ed evitate di pensare che vostro figlio sia sempre migliore degli altri.

Molti genitori pensano che il proprio figlio sia il più bravo, quello che abbia maggiori potenzialità o il miglior comportamento in campo.

Se così è ben per voi, il tempo vi darà ragione, ma è comunque bene evitare di mettere questa grossa responsabilità sulle spalle di un ragazzino che con tutta probabilità vuole solo divertirsi.

#5 Tifate correttamente.

Questo punto è in parte correlato al precedente.

Evitate situazioni del tipo: il tifo è per il figlio e non per la squadra, gli errori sono degli altri e non del figlio, se l’arbitro fischia contro il figlio è un incompetente, se l’Istruttore non lo fa giocare non capisce niente.

Il vostro ruolo è quello di insegnare ai figli il valore dello sport, il rispetto delle regole, la fatica del successo, la possibilità della sconfitta e il rispetto, troppo spesso quest’ultimo manca, proprio da parte dei genitori che si trasformano negli ultras dei propri figli.

Siate per loro un esempio da seguire, è la cosa migliore che potete fare, anche si fronte a un arbitraggio che ritenete scorretto.

#6 Date alle vittorie e alle sconfitte la giusta dimensione.

Sostenete i vostri figli a dare sempre il massimo, a rispettare le regole, l’autorità e gli avversari e ricordate che le vittorie sono sempre una conseguenza di una buona prestazione, non un fine verso cui spingere un ragazzino a tutti i costi.

Soprattutto insegnate ai vostri figIi che i fallimenti e le frustrazione nella vita servono. Senza sbaglio non c’è miglioramento.

Lo sport è un ottima palestra per aiutare i vostri figli a diventare adulti responsabili, rispettosi delle regole, capaci di rialzarsi dopo le inevitabili sconfitte della vita, determinati a raggiungere i propri obiettivi e molto altro … fatene buon uso!